Lo scorso 10 settembre si è celebrata la GIORNATA MONDIALE PER LA PREVENZIONE DEL SUICIDIO, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza nella popolazione generale che il suicidio può essere prevenuto. Per riuscirci è necessario parlarne apertamente, rompere i tabù, favorire l’ascolto e creare reti di sostegno. È fondamentale saper riconoscere i segnali di disagio, offrire vicinanza e indirizzare verso percorsi di aiuto. Solo diffondendo informazioni corrette e promuovendo una cultura della prevenzione si può contribuire a salvare vite.

La salute mentale è una problematica importante e non può più essere considerata un tema marginale. Riguarda tutti, in ogni fase della vita, e ha un impatto diretto sul benessere personale, sulle relazioni e sulla società nel suo complesso. Parlare di salute mentale significa affrontare temi come ansia, depressione, burnout, disturbi dell’umore e prevenzione del suicidio, ma anche promuovere una cultura dell’ascolto, dell’empatia e del sostegno reciproco. Troppo spesso queste difficoltà vengono sottovalutate, nascoste o stigmatizzate. Eppure riconoscere i segnali di disagio, chiedere aiuto e offrire supporto può fare la differenza. ….Prendersi cura della mente è importante quanto prendersi cura del proprio corpo.….

Questa intervista, per la rubrica DisSaperi, affronta il tema della prevenzione contro il suicidio: ho avuto il piacere di dialogare con la Prof.ssa Patrizia Zeppegno, Professore Associato di Psichiatria dell’Università del Piemonte Orientale (UPO), Direttore della SC Psichiatria dell’AOU Maggiore della Carità di Novara, Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria e del Servizio di Counseling, UPO.

Per garantirne la massima diffusione, l’intervista l’ho resa disponibile anche in lingua inglese. Per favore condividete e parlatene. Grazie! #oggiprenditiunminutoperchiedereaqualcunocomestai

In questo link tutte le iniziative della nostra Università https://mediacentre.uniupo.it/it/news/psichiatria-upo-rafforza-rete-di-prevenzione-contro-suicidio

1- Professoressa, l’attualità ci ricorda costantemente che il suicidio è un problema sociale spesso sottovalutato. Quali sono i segnali precoci che spesso vengono ignorati, ma che possono indicare che una persona sta attraversando pensieri suicidi?

È interessante che abbia scelto di definire il suicidio un problema “sociale”: è importante infatti non considerare questo complesso fenomeno umano come qualcosa che riguarda solo la medicina o la psichiatria e la salute mentale. Rispondere alla sua domanda è però molto difficile: i dati epidemiologici ci danno un’idea di gruppi di persone a maggiore rischio, fasce di età con maggiore rischio, condizioni – alcune esistenziali, altre patologiche di area medica o di area psichiatrica – con maggiore rischio, e la suicidologia come scienza ci insegna che per il suicidio è possibile fare prevenzione a vari livelli, anche se questo non coincide con la prevedibilità. Più che elencarle dei “segnali precoci”, preferisco quindi sottolineare l’importanza di un coinvolgimento generale e globale nel fare prevenzione. Ognuno di noi può svolgere un ruolo in questo senso, che parte da un atteggiamento non stigmatizzante, non giudicante, aperto ad un dialogo che consenta di nominare anche ciò che di solito è considerato innominabile. Un atteggiamento che non dia mai per scontato il rischio, o al contrario il non-rischio: il dolore mentale, il senso di intrappolamento, di mancanza di una via di fuga da una esistenza considerata non più degna di essere vissuta sono condizioni profondamente radicate nell’umano, come possibilità che può riguardarci tutti. Quindi direi che il suicidio è un problema che riguarda l’essere umano nella sua interezza e complessità.

2.Che ruolo possono avere famiglia, amici e comunità nel prevenire il suicidio e come possono intervenire in modo efficace quando sospettano che qualcuno sia a rischio?

Anche qui, credo sia importante sottolineare il ruolo preventivo che ha il fare dialogo e cultura sul problema del suicidio: perché attraverso questo dialogo, questa cultura, questa apertura, è possibile far emergere sofferenze che a volte si consumano nella solitudine e nell’isolamento, ulteriormente esacerbate proprio da queste stesse condizioni. Famiglia, amici, comunità possono contribuire a creare e sostenere un contesto relazionale di accoglienza e sospensione del giudizio, che può sicuramente essere di aiuto. “Può” non significa “è”: questo è importante perché i famigliari e gli amici di una persona che si suicida sono spesso lacerati dal senso di colpa. Ancora oggi troppo spesso non si tiene conto che per ogni persona che si suicida ci sono molte persone che “rimangono”, come “survivor”, ad interrogarsi con domande destinate a non avere una risposta soddisfacente e segnati da un dolore psicologico che a sua volta richiede un ascolto e un accoglimento. In ogni caso, quando si coglie la sofferenza di un proprio famigliare o amico in questo senso, è importante aiutarlo a chiedere un aiuto professionale, necessario per comprendere in che contesto si dipana, e quindi che significato ha per quello specifico individuo, l’ideazione suicidaria.

3. Quali risorse (servizi, strutture, linee di ascolto, professionisti) sono disponibili sul territorio italiano, e in particolare in Piemonte, per chi ha bisogno di aiuto, e come fare per accedervi?

Risponderò a questa domanda facendo necessariamente delle semplificazioni. Ci sono risorse come i contatti telefonici dei Samaritans o del Telefono Amico, ma in una situazione di rischio suicidario acuto è necessario un intervento di emergenza-urgenza, quindi spesso il contatto con chi attraversa un simile momento di crisi avviene in un Pronto Soccorso. A volte può essere necessario un accoglimento e contenimento della crisi attraverso un ricovero, la cui finalità è comprendere la natura della crisi stessa per poter individuare gli strumenti più idonei da mettere in campo per affrontarla (o iniziare ad affrontarla). Se il rischio suicidario si inscrive come sintomo in una patologia psichiatrica, si potrà intervenire con le cure opportune, farmacologiche o psicoterapeutiche; in altri casi, si potranno individuare le risorse non sanitarie verso cui la persona può indirizzarsi. Nelle condizioni di rischio cronico, in soggetti che convivono con una spinta autodistruttiva e con una cronica ideazione suicidaria, un ruolo fondamentale è svolto invece dalle cure ambulatoriali, dove la persona sofferente e lo specialista sono coinvolti nel comune sforzo di far pendere il piatto della bilancia verso le ragioni per vivere, piuttosto che verso quelle per morire. Rispetto alle risorse che ho menzionato, l’accesso al Pronto Soccorso è libero e attivo 24 ore su 24; gli ambulatori della salute mentale della nostra Regione si chiamano Centri di Salute Mentale, e ciascuno di essi ha sue specifiche modalità di accesso ed orari di attività, facilmente reperibili online, o contattando telefonicamente o di persona il servizio stesso. Le risorse ci sono, e chiedere aiuto si può: non è mai segno di debolezza o fallimento, ma semmai la coraggiosa assunzione di responsabilità rispetto alla propria condizione di difficoltà, dolore e sofferenza.

ENG

On September 10th, the  “WORLD SUICIDE PREVENTION DAY” took place, with the aim of raising public awareness that suicide can be prevented. To achieve this, it is essential to talk about it openly, break taboos, encourage listening, and build networks of support. It is crucial to recognize early warning signs, offer closeness, and guide people towards appropriate care. Only by spreading accurate information and promoting a culture of prevention can we contribute to saving lives.

Mental health is an important issue and can no longer be considered a marginal topic.
It concerns everyone, at every stage of life, and has a direct impact on personal well-being, relationships, and society as a whole. Talking about mental health means addressing issues such as anxiety, depression, burnout, mood disorders, and suicide prevention, but also promoting a culture of listening, empathy, and mutual support.

Too often these difficulties are underestimated, hidden, or stigmatized. Yet recognizing the signs of distress, asking for help, and offering support can truly make a difference.

Take a moment to reflect… caring for the mind is just as important as caring for the body.

The interview for the DisSaperi series addresses this very topic. I had the pleasure of speaking with Professor Patrizia Zeppegno, Associate Professor of Psychiatry at UPO, Director of the Psychiatry Unit at the University Hospital Maggiore della Carità in Novara, Director of the Postgraduate School in Psychiatry at UPO, and Director of the UPO Counseling Service.

To ensure the widest possible reach, the interview is also available in English. Please share and talk about it. Thanks!

In the following link, all initiatives organized by our University https://mediacentre.uniupo.it/it/news/psichiatria-upo-rafforza-rete-di-prevenzione-contro-suicidio

#todaytakeaminutetoasksomeonehowtheyare

1. Professor, current events constantly remind us that suicide is an often underestimated social issue. What are the early signs that are frequently overlooked but may indicate that a person is experiencing suicidal thoughts?

It is interesting that you chose to define suicide as a “social issue”: it is indeed important not to view this complex human phenomenon solely as something concerning medicine, psychiatry, or mental health. Answering your question, however, is very difficult. Epidemiological data give us an idea of groups at greater risk, age ranges, medical or psychiatric conditions, or life circumstances but suicidology as a science teaches us that while suicide prevention is possible on different levels, this does not mean it is predictable.
Rather than listing “early signs,” I prefer to emphasize the importance of a general and global engagement in prevention. Each of us can play a role in this regard, starting with a non-stigmatizing, non-judgmental attitude, open to dialogue, even about what is usually considered unmentionable. Such an approach should never take risk or lack of risk for granted: psychological pain, a sense of entrapment, or the perception of life as no longer worth living are deeply human experiences that can potentially affect anyone. In this sense, suicide should be regarded as an issue that concerns the human condition in all its complexity.

2. What role can family, friends, and communities play in preventing suicide, and how can they intervene effectively when they suspect someone is at risk?

Here again, I believe it is important to highlight the preventive value of dialogue and public awareness about suicide. Through dialogue, culture, and openness, hidden suffering can emerge suffering that often unfolds in solitude and isolation, and is exacerbated by these very conditions. Family, friends, and communities can help foster a relational environment of acceptance and non-judgment, which may indeed be of help. “May” does not mean “always is”: this distinction matters, as relatives and friends of people who die by suicide are often tormented by feelings of guilt. Too often we forget that for every person who dies by suicide there are many “survivors” left behind, burdened with unanswered questions and enduring psychological pain that itself requires listening and support.
In any case, when one perceives a loved one’s suffering in this regard, it is important to help them seek professional assistance. Only a professional can assess the individual context in which suicidal thoughts arise and what they mean for that specific person.

3. What resources (services, facilities, hotlines, professionals) are available in Italy, and particularly in Piedmont, for those in need of help, and how can they access them?

I will necessarily simplify my answer. There are resources such as the Samaritans or Telefono Amico hotlines, but in acute suicidal crises, emergency intervention is required, often through access to the Emergency Department. In some cases, hospitalization may be necessary to contain the crisis and understand its nature in order to identify the most suitable interventions—whether pharmacological, psychotherapeutic, or otherwise. When suicidal risk is linked to a psychiatric condition, specific treatments will be indicated. In other cases, non-medical resources may be identified.
For people at chronic risk, living with ongoing suicidal ideation, outpatient care plays a crucial role. Here, the individual and the clinician work together to strengthen reasons for living rather than those for dying. Regarding the resources mentioned, access to Emergency Departments is free and available 24/7. In our region (Piedmont), outpatient mental health services are provided by Centri di Salute Mentale (Mental Health Centers), each with specific procedures and schedules that can be easily found online or by contacting the service directly. Resources are available, and seeking help is always possible: it is never a sign of weakness or failure, but rather a courageous step in taking responsibility for one’s condition of pain and distress.

Giuseppe Cappellano

In foto Patrizia Zeppegno

Per il logo credito a Francesca Oltolina