In occasione della Giornata Mondiale dell’AIDS, ho intervistato la Dott.ssa Barbara Azzimonti, ricercatore confermato e professore aggregato di Microbiologia e Microbiologia clinica (MEDS-03A) del Dipartimento di Scienze della Salute (DISS), Università degli Studi del Piemonte Orientale.
Questa è la nona intervista della rubrica “DIsSaperi: interviste con i ricercatori del Dipartimento di Scienze della Salute (DISS)”, in cui le/i nostre/i ricercatrici/ricercatori approfondiscono argomenti scientifici, in occasione delle giornate mondiali su tematiche legate alla salute.

Professoressa, quali sono oggi le principali conoscenze microbiologiche sull’HIV che hanno cambiato il modo in cui comprendiamo il virus e la sua evoluzione?

L’HIV possiede una storia evolutiva estremamente rapida e complessa. La sua elevata variabilità genetica è dovuta principalmente all’alto tasso di errore del suo enzima trascrittasi inversa (chiamato anche retrotrascrittasi o DNA polimerasi RNA-dipendente) che, durante il processo di conversione dell’RNA virale in DNA, introduce numerose mutazioni. Ciò porta alla formazione di un ibrido DNA/RNA, una fase cruciale del ciclo vitale del virus. Questo ciclo si completa con l’assemblaggio delle nuove particelle virali e la loro fuoriuscita dalle cellule infettate attraverso un processo di gemmazione. L’elevato numero di errori porta alla formazione di varianti virali, notequasi-specie di HIV, che mutano rapidamente e spesso fuggono al riconoscimento del sistema immunitario. Quest’ultimo, inoltre, viene compromesso dalla perdita dei linfociti T CD4+, caratteristica delle fasi più avanzate di infezione. Il virus è anche in grado di stabilire forme latenti non solo nei linfociti T dotati di recettore CD4, ma anche nel sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale), nell’apparato genito-urinario e nei tessuti linfoidi associati all’intestino (GALT, gut associated lymphoid tissue), oltre che nel tratto gastro-intestinale in generale. Infine, numerosi studi hanno chiarito il ruolo dei co-recettori cellulari CCR5 e CXCR4, nonché la struttura degli enzimi bersaglio delle terapie antiretrovirali mirate.

Quanto hanno inciso le nuove tecniche diagnostiche e di laboratorio nella possibilità di rilevare precocemente l’infezione e monitorare in modo accurato la carica virale?

 Le tecniche diagnostiche hanno compiuto enormi progressi, consentendo non solo una gestione ottimale delle fasi precoci di infezione, ma anche un monitoraggio più accurato di tutte le fasi di malattia. Oggi è possibile rilevare l’RNA virale già a pochissimi giorni dal contagio e quantificarne la presenza, caratteristica fondamentale per valutare l’efficacia delle terapie. Oltre alla ricerca del genoma virale, i test di IV e V generazione permettono di individuare simultaneamente gli anticorpi prodotti dall’organismo e l’antigene virale p24, rendendo così possibile una diagnosi ancora più precoce. Infine, sono sempre più diffusi test rapidi ad alta sensibilità utilizzati anche in contesti non ospedalieri, insieme a sistemi automatizzati sempre più affidabili.

Quali sono le sfide future per la ricerca microbiologica sull’HIV, e quali progressi ritiene più promettenti nel percorso verso nuovi vaccini o terapie innovative?

Le sfide aperte sono ancora numerose. La principale riguarda i serbatoi virali latenti che rappresentano un ostacolo allo sviluppo di terapie realmente definitive. Anche l’efficacia dei vaccini basati su anticorpi neutralizzanti, risulta parzialmente limitata dalla enorme variabilità genetica del virus. Nuovi approcci emergenti includono strategie di gene editing volte a modulare la risposta immunitaria e l’impiego di vettori virali ingegnerizzati capaci di favorire una remissione prolungata senza la necessità di terapie quotidiane. Una sfida altrettanto rilevante è comprendere il ruolo dell’esposoma e del microbiota: uno stato di disbiosi può infatti aumentare la suscettibilità all’infezione, mentre la disbiosi indotta dal virus può a sua volta influenzare la sintomatologia e la progressione della malattia. Sono in studio miscele probiotiche selezionate per ridurre i sintomi gastrointestinali, attenuare l’infiammazione, migliorare la salute immunitaria e ristabilire la permeabilità intestinale, che possono integrarsi alla riduzione dei fattori dell’esposoma. Parallelamente, le tecniche omiche ad alta risoluzione permetteranno di monitorare rapidamente varianti emergenti ed eventuali resistenze, guidando lo sviluppo di vaccini aggiornati e di terapie su misura. In sintesi, il futuro della ricerca combina virologia classica, immunologia di precisione, studio del microbiota ed esposoma attraverso un approccio integrato che possa finalmente portare a cure sempre più efficaci e funzionali.

ENG

On the occasion of World AIDS Day, I interviewed Dr. Barbara Azzimonti, senior researcher and adjunct professor of Microbiology and Clinical Microbiology (MEDS-03A) in the Department of Health Sciences (DISS) at the University of Eastern Piedmont.

This is the ninth interview in the series “DIsSaperi: interviews with researchers from the Department of Health Sciences (DISS)”, in which our researchers explore scientific topics in connection with international days dedicated to health-related themes.

Professor, what are the main microbiological insights about HIV that have changed the way we understand the virus and its evolution?
HIV has an extremely rapid and complex evolutionary history. Its high genetic variability is mainly due to the elevated error rate of its reverse transcriptase enzyme (also called RNA-dependent DNA polymerase), which introduces numerous mutations during the conversion of viral RNA into DNA. This process leads to the formation of an RNA/DNA hybrid, a crucial phase in the viral life cycle. The cycle is completed with the assembly of new viral particles and their release from infected cells through a budding process.
The large number of replication errors leads to the emergence of viral variants, known as HIV quasi-species, which mutate rapidly and often evade immune recognition. The immune system is further compromised by the loss of CD4 T lymphocytes, a hallmark of advanced stages of infection.
The virus is also capable of establishing latent reservoirs not only in CD4 receptor–positive T lymphocytes but also in the central nervous system (brain and spinal cord), the genitourinary tract, and the gut-associated lymphoid tissue (GALT), as well as in the gastrointestinal tract more broadly. Finally, numerous studies have clarified the role of the cellular co-receptors CCR5 and CXCR4, as well as the structure of the enzymatic targets of antiretroviral therapies.

How have new diagnostic and laboratory techniques impacted the ability to detect infection early and accurately monitor viral load?
Diagnostic techniques have made enormous progress, enabling optimal management of the early phases of infection as well as more accurate monitoring of all stages of the disease. Today it is possible to detect viral RNA just a few days after exposure and to quantify its presence,an essential feature for evaluating treatment effectiveness.
In addition to viral genome detection, fourth- and fifth-generation tests can simultaneously identify both antibodies produced by the host and the viral p24 antigen, enabling even earlier diagnosis. Finally, highly sensitive rapid tests,now increasingly used even outside hospital settings,are becoming more widespread, alongside increasingly reliable automated systems.

What are the future challenges for microbiological research on HIV and which advances do you consider most promising on the path toward new vaccines or innovative therapies?
Many challenges remain. The main one concerns latent viral reservoirs, which still represent a major obstacle to the development of truly definitive treatments. The effectiveness of vaccines based on neutralizing antibodies is also partially limited by the virus’s enormous genetic variability.
Emerging approaches include gene-editing strategies aiming to modulate the immune response and the use of engineered viral vectors capable of promoting prolonged remission without the need for daily therapy.
Another equally important challenge is understanding the role of the exposome and the microbiota: dysbiosis can increase susceptibility to infection, while virus-induced dysbiosis can in turn influence symptoms and disease progression. Researchers are studying selected probiotic mixtures designed to reduce gastrointestinal symptoms, lessen inflammation, improve immune health, and restore intestinal permeability, benefits that complement the reduction of exposome-related risk factors.
At the same time, high-resolution omics technologies will allow rapid monitoring of emerging variants and potential drug resistance, guiding the development of updated vaccines and tailored therapeutics.
In summary, the future of research combines classical virology, precision immunology, and the study of the microbiota and the exposome through an integrated approach that may finally lead to increasingly effective and functional treatments.

Giuseppe Cappellano

In foto Barbara Azzimonti

Per il logo credito a Francesca Oltolina